Il ruggito del Vietnam

In questo inizio d’anno un po’ travagliato, se ci limitassimo a guardare la borsa nostrana, potremmo avere l’impressione che, nonostante l’aumento di volatilità, i mercati azionari se la stiano cavando piuttosto bene. In realtà il FTSE MIB è uno degli indici che nel 2018 si sta comportando meglio a livello mondiale superando di gran lunga le performance di mercati molto più capitalizzati come Stati Uniti e Giappone. La necessità di diversificare il portafoglio senza rinunciare a selezionare mercati con un trend positivo si sta rivelando piuttosto difficile da soddisfare. Anche nel ventaglio dei mercati emergenti esistono enormi disparità e le scelte vanno soppesate attentamente in relazione ai rischi che generano. In questo contesto, il Vietnam potrebbe rappresentare un’opportunità da monitorare con attenzione.

Il mercato azionario di Hanoi infatti è cresciuto sensibilmente nell’ultimo anno e mezzo ricucendo il gap che si era formato nei confronti dell’indice MSCI Frontier Markets di cui fa parte. Secondo alcuni analisti, il vasto piano di riforme messo in piedi dal governo, unito ad un ambizioso ed intenso programma di privatizzazioni, potrebbe convincere la società MSCI a riclassificare il paese del sud-est asiatico come emergente. Tutto ciò è corroborato da un’economia che dopo essere cresciuta del 6,8% lo scorso anno, potrebbe ulteriormente accelerare nel 2018.

Questo eccesso di ottimismo però deve invitare alla cautela. Si tratta infatti di un mercato estremamente piccolo, la cui capitalizzazione totale non raggiunge i 130 miliardi di dollari (Apple da sola supera i 960 miliardi). Questo rende il mercato particolarmente soggetto a momenti di elevata volatilità, come è accaduto in aprile quando il listino ha perso oltre 10 punti percentuali in poche settimane. Inoltre un paese fortemente esportatore come il Vietnam, potrebbe trovarsi in una scomoda posizione se i toni della guerra commerciale tra Cina e USA dovessero ulteriormente alzarsi.

Il Vietnam ha scelto di legare le sorti della propria divisa a quella americana. Il cambio euro/dong mostra infatti un andamento estremamente simile a quello euro/dollaro. Per questo motivo, se la ritrovata forza del dollaro dovesse proseguire, potrebbero esserci conseguenze negative per la competitività delle esportazioni.

Euro / Dong Vietnamita

Le allettanti prese di beneficio e le valutazioni particolarmente elevate raggiunte da alcune importanti società hanno contribuito al forte incremento di volatilità che si è registrato ad inizio anno sul mercato azionario. L’unico ETF quotato su Borsa Italiana che replica l’andamento del listino vietnamita mostra inequivocabilmente i segni di questo cambiamento. Nonostante ciò il trend di crescita non è stato intaccato, come evidenziato dalla continua formazione di massimi e minimi crescenti. Inoltre gli importanti supporti tecnici posti a 25 e 22 euro non sono stati raggiunti né tantomeno infranti. Per l’ETF i prossimi target rialzisti sono collocabili tra i 35 e i 37 euro, area resistenziale che tra il 2009 e 2010 aveva arrestato il percorso di crescita delle quotazioni. Il quadro costruttivo verrebbe pregiudicato solo se i prezzi scendessero al di sotto dei minimi registrati quest’anno.

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È sempre necessario verificare l’adeguatezza di uno strumento rispetto al profilo di rischio e agli obiettivi dell’investitore, prima di procedere con l’acquisto. La volatilità del mercato sottostante infatti lo rende inadatto ad alcuni investitori. Il timing d’ingresso inoltre è di fondamentale importanza così come la ponderazione del suo peso all’interno del portafoglio.

A cura di Davide Dalmasso, ALFA Consulenza Finanziaria