Etf: nella guerra dei prezzi, le spese correnti non sono tutto

ETF

Nell’industria degli Etf (Exchange traded fund) si torna prepotentemente a parlare di guerra dei prezzi. Dall’inizio dell’anno, molti emittenti hanno annunciato la riduzione delle commissioni o il lancio di nuove gamme low cost.

Recentemente, Lyxor ha promosso una serie di Etf “core”, che comprende un azionario Usa e uno UK con costo totale annuo dello 0,04% (entrambi replicano indici Morningstar). Xtrackers, invece, ha ridotto le commissioni dell’Etf Eur cash dallo 0,15 allo 0,10%, oltre a tagliare di 3-8 punti base le fee sui replicanti specializzati sui titoli di Stato americani.

Investire low cost
Se ci fermiamo a guardare il dato puntuale (spese correnti o Total expense ratio), notiamo che è diventato davvero economico investire su alcuni mercati azionari o obbligazionari, come quello statunitense o europeo, con gli Etf. Ma quando si acquista è bene ricordare che questi indicatori non rappresentano l’intero costo sostenuto per il possesso di un replicante. “Ci sono diverse voci, meno visibili, che si aggiungono e possono mangiarsi parte del rendimento”, spiega Jose Garcia-Zarate, direttore associato della ricerca sui fondi passivi di Morningstar.

Gli Etf sono negoziati in Borsa come le azioni per cui hanno dei costi di transazione, che sono espressi dagli spread bid-ask (differenze tra i prezzi di acquisto e di vendita) e dalle commissioni applicate dall’intermediario. Anche i fondi indicizzati tradizionali (non quotati) sono soggetti a meccanismi simili.

Il turnover dell’indice
“Ci sono poi i costi di transazione ‘interni’, che fanno parte della normale gestione di un fondo passivo”, continua Garcia-Zarate. “Ad esempio, gli indici non sono statici, ma devono essere ribilanciati perché i componenti entrano ed escono, oppure ci sono operazioni societarie o cambi di rating. Gli Etf a replica fisica devono tenerne conto e i costi associati a queste negoziazioni si riflettono sui rendimenti dei sottoscrittori. I prodotti sintetici non sono direttamente influenzati da questa variabile, ma il livello di turnover nel benchmark è parte della contrattazione delle fee pagate per lo swap,che non sono incluse nelle spese correnti”.

Quanto costa avere un Etf
Gli emittenti sono costantemente al lavoro per ridurre al minimo l’impatto di tali voci, ad esempio utilizzando processi molto automatizzati o ricorrendo a forme di ottimizzazione delle performance (efficienza fiscale o prestito titoli). E’ chiaro, però, che gli investitori non devono fermarsi solo all’analisi delle spese correnti (ongoing charge). “Una buona approssimazione del costo totale di un fondo è il tracking difference annualizzato, che è la differenza tra il ritorno annuo del fondo e dell’indice replicato, cui si aggiungono i costi di acquisto”, conclude Garcia-Zarate.

 Visita il mini-sito Morningstar dedicato a MIFID II.