L’alternativo cerca il suo posto in portafoglio

In uno studio pubblicato recentemente, Jason Kephart e Maciej Kowara, analisti di Morningstar, sostengono che i fondi alternativi, anche detti liquide alternative, devono ancora trovare il loro posto in portafoglio. L’affermazione nasce dal fatto che pochi negli ultimi anni sono riusciti ad aggiungere valore rispetto a un asset allocation tradizionale.

I due ricercatori sostengono che la valutazione di questi strumenti debba essere fatta andando oltre il concetto di ritorno assoluto. La domanda da porsi è: quali sono i benefici dei fondi alternativi in termini di diversificazione di un portafoglio tradizionale?

Correlazioni e volatilità
Per rispondere è necessario considerare due parametri: la correlazione con i rendimenti del mercato azionario globale e la volatilità relativa. Morningstar rappresenta queste dimensioni in una matrice a nove caselle, dove sull’asse delle ordinate (verticale) è rappresentata la prima e su quello delle ascisse (orizzontale) la seconda. (Leggi come funziona la Style box degli alternativi).

I ricercatori di Morningstar hanno incorporato le correlazioni di un determinato fondo e il suo rendimento aggiustato per il rischio in uno schema che permette di verificare la capacità di aggiungere valore a un portafoglio composto solo da obbligazioni e azioni. Trattandosi di strumenti giovani, l’analisi, che ha riguardato per il momento il solo l’universo americano dei liquide alternative, è stata fatta a tre e cinque anni (con dati al 31 dicembre 2017).

“Nella maggior parte dei casi, i fondi alternativi non sono stati in grado di generare valore addizionale”, scrivono Kephart e Kowara. “Se includessimo i comparti chiusi o fusi in altri, il quadro sarebbe ancora peggiore. I risultati sono deludenti su entrambi gli orizzonti temporali. Ad esempio, a cinque anni, nessun strumento long-short equity è riuscito a migliorare l’efficienza del portafoglio per oltre il 10%. Le strategie market neutral si sono comportate un po’ meglio, data la loro bassa correlazione con le azioni e le obbligazioni, così come quelle managed future”.

Diversificazione da strategie alternative

Diversificazione con fondi alternativi

Resiste il 60/40
E’ colpa dei fondi, della situazione di mercato o di altro? Avendo spesso un track record breve, è difficile valutare pienamente queste strategie su interi cicli di mercato. In Europa, quelli coperti da Analyst rating sono una trentina, di cui 19 con un giudizio qualitativo positivo, che però non va oltre il Bronze (non ci sono né Gold Silver). Nella tabella qui sotto sono riportati i comparti di questo tipo disponibili in Italia.

Fondi alternativi con Analyst rating disponibili in Italia

Sulla situazione di mercato, invece, una riflessione può essere fatta. I ricercatori di Morningstar hanno confrontato l’andamento di un portafoglio tradizionale con quello di un indice di hedge fund, che può essere usato come proxy e hanno scoperto che fino a dieci anni fa era effettivamente possibile trarre un beneficio da una gestione alternativa, mentre successivamente non è stato più così. “Le ragioni sono due”, spiegano. “La prima è che negli anni recenti, l’allocazione 60/40 (60% azioni e 40% obbligazioni) è stata difficile da battere. La seconda è che gli hedge fund sono diventati più correlati con il mercato e quindi anche i loro rendimenti sono stati trainati dall’equity e dai bond. La bassa volatilità delle Borse tra il 2012 e il 2017 ha indotto i gestori alternativi a aumentare l’esposizione netta verso le azioni, con conseguente incremento delle correlazioni”.

La sfida
Su queste dinamiche, i gestori di fondi alternativi hanno cominciato a riflettere. Ad esempio, per le strategie managed future, Allianz Global Investors ha deciso di adottare un metodo di bilanciamento dei rischi che alloca un budget di rischio uguale, nella misura di un quarto, a ciascuna delle quattro macro asset class (azioni, obbligazioni, commodity e valute), anziché optare per una diversificazione tramite la negoziazione di un elevato numero di strumenti. “Prestiamo molto attenzione alle correlazioni sul momentum di medio periodo (dodici mesi) delle diverse asset class e ai rischi impliciti (variabili che possono esercitare un impatto significativo sulla performance, ma che al momento dell’analisi sono dormienti, Ndr)”, spiega Giorgio Carlino, responsabile globale degli investimenti multi-asset di Allianz Global Investors. “L’obiettivo è ridurre la volatilità e ottenere un profilo di rendimento più costante. Non dobbiamo, però, dimenticare che si tratta di strategie rischiose: il nostro target di volatilità è del 10% ed è comparabile con quello di una tradizionale strategia 60/40. Per questo, è meglio entrare gradualmente in fondi di questo tipo, piuttosto che in un’unica soluzione e non destinare più del 20% se si ha una buona tolleranza del rischio; altrimenti tra il 7 e il 10%”.

La storia ci insegna che i mercati non possono sempre salire. Negli ultimi mesi, abbiamo assistito, inoltre, a una dispersione dei rendimenti tra le diverse aree geografiche. La domanda però resta: gli alternativi troveranno il loro posto in portafoglio?