Meglio la carta o il “vecchio” oro?

L’eterna disputa fra economia reale ed economia finanziaria, come se non fossero due facce della stessa medaglia… Conosce a livello operativo un confronto da sempre piuttosto unipolare: è meglio investire in azioni, o è preferibile il buon vecchio caro oro? Le prime hanno dalla loro parte l’attrattiva di un capital gain più interessante, combinato ad un flusso cedolare (dividendi) in talune epoche decisivo. Il metallo giallo per definizione non offre remunerazione periodica, e questo lo penalizza in periodi di tassi di interesse elevati e crescenti; ma ha dalla sua la funzione teorica di proteggere l’investitore dai eventi geopolitici avversi.

A ben vedere, però, la scelta risulta da diversi decenni relativamente agevole. A condizione che si interpreti il dualismo in termini di confronto fra le performance a dieci anni dello S&P500, in termini “total return”, e quella di pari durata dell’oro.

È quello che fa la figura in alto: la differenza fra i tassi di variazione a dieci anni dei due asset citati.

Emerge una caratteristica interessante: i massimi assoluti del mercato azionario del 2000, e dell’oro nel 2011, sono coincisi con il conseguimento di uno “spread” di performance, in valore assoluto pari – lievemente superiore – al 500%. Un investitore davvero cassettista dovrebbe vendere azioni e comprare oro, quando lo spread decennale si spinge sotto il -500%, e vendere oro e comprare azioni nel caso opposto.

Rispetto a questi riferimenti polari, come si colloca l’attuale divario di performance? Evidentemente, l’oro è sottovalutato, per così dire; ma non in misura drammatica: lo spread decennale è sceso fino a ¾ della corsa, prima di rimbalzare nelle ultime settimane a causa soprattutto della correzione secca di Wall Street.

Appare prematuro, dunque, in ottica secolare privilegiare l’oro a discapito delle azioni. Tuttavia la media mobile di lungo periodo, che accompagna questo spread di performance, ha dimostrato di saper accompagnare bene il dato differenziale in discussione; per cui un’eventuale risalita fino al -50% concretizzerebbe un momento di rara importanza per il nostro investitore: pronto a vendere metallo giallo, e comprare ancora azioni, qualora il rimbalzo si dovesse risolvere in un mero pullback, un “bacio della morte”; ovvero lesto a sbarazzarsi di equity, cercando rifugio nel metallo giallo, in caso di taglio della media e conseguente inversione di tendenza.